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Per molto tempo, la comprensione dell’autismo è stata dominata dall’idea di una “mancanza di empatia” nelle persone autistiche. Questa prospettiva ha spesso portato a stereotipi e a un’errata interpretazione delle interazioni sociali. Tuttavia, negli ultimi anni, una nuova e rivoluzionaria cornice teorica ha iniziato a cambiare radicalmente questo paradigma: la Teoria della Doppia Empatia. Sviluppata principalmente dal Dott. Damian Milton, questa teoria propone che le difficoltà di comunicazione e interazione sociale tra persone autistiche e non autistiche non derivano da una carenza intrinseca di empatia nelle persone autistiche, bensì da una reciproca incomprensione, un “doppio problema di empatia”.
La Teoria della Doppia Empatia suggerisce che quando individui con stili comunicativi e di elaborazione diversi (come le persone autistiche e quelle non autistiche, o “neurotipiche”) interagiscono, possono verificarsi delle “falle” nella comprensione reciproca. Non si tratta di un fallimento empatico unilaterale, ma di una sfida bidirezionale.
In altre parole, le persone autistiche non “mancano” di empatia. Anzi spesso sentono vividamente le emozioni proprie e altrui. Possono comunicare questa empatia profondamente con altre persone autistiche o con chi condivide il loro modo di processare le informazioni. Le difficoltà emergono quando cercano di relazionarsi con persone neurotipiche, il cui stile comunicativo, le espressioni sociali implicite e le aspettative sociali differiscono notevolmente. Allo stesso modo, le persone neurotipiche possono trovare difficile comprendere e interpretare i segnali comunicativi e i comportamenti delle persone autistiche, portando a giudizi errati sulla loro capacità empatica.
Tradizionalmente, molte teorie sull’autismo si sono concentrate su ciò che le persone autistiche “non possono fare” o “mancano”. Questo “modello del deficit” ha contribuito a una visione patologizzante dell’autismo. La Teoria della Doppia Empatia sposta l’attenzione da un presunto deficit interno dell’individuo autistico a una discrepanza nelle interazioni.
Questo cambiamento di prospettiva ha implicazioni profonde:
La Teoria della Doppia Empatia non è solo un concetto accademico; ha ricadute pratiche significative per migliorare la vita delle persone autistiche e le loro interazioni sociali.
L’empatia nelle persone autistiche può manifestarsi in modi diversi rispetto a quanto ci si aspetta comunemente. Spesso, possono avere una forte empatia cognitiva, cioè la capacità di comprendere intellettualmente la prospettiva di un’altra persona. Tuttavia, potrebbero non mostrare le risposte emotive o i segnali non verbali attesi dai neurotipici (ad esempio, mantenere il contatto visivo o mostrare espressioni facciali standard), o avere difficoltà nel decodificarli negli altri.
Al contrario, molte persone autistiche riferiscono di sperimentare un’empatia affettiva molto intensa, sentendo le emozioni degli altri in modo profondo, a volte travolgente. Questa “iper-empatia” può portare a ritiro sociale o ansia, poiché l’elaborazione di così tanti segnali emotivi può essere estenuante.
La Teoria della Doppia Empatia ci spinge a riconsiderare non solo l’autismo, ma la natura stessa dell’empatia e della comunicazione umana. Invece di chiedere “cosa non va in loro?”, la teoria ci invita a chiederci “cosa succede tra noi?”. Questo approccio non cerca di “curare” o “correggere” l’autismo, ma di promuovere una comprensione reciproca e bidirezionale che valorizzi la neurodiversità. L’obiettivo è creare una società più inclusiva, dove le differenze non siano viste come deficit, ma come variazioni naturali della condizione umana che arricchiscono il tessuto sociale.
La Teoria della Doppia Empatia è un faro per una nuova era di comprensione dell’autismo. Spostando il focus dalla carenza individuale alla discrepanza comunicativa, offre un percorso verso interazioni più significative e rispettose. È un invito a costruire ponti di comprensione, riconoscendo che l’empatia è una strada a doppio senso e che le difficoltà sorgono quando due mondi comunicativi diversi si incontrano senza una mappa comune. Adottare questa prospettiva significa abbracciare la neurodiversità e lavorare per un mondo in cui ogni stile di interazione sia valorizzato e compreso.
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