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In Italia, il percorso delle persone neurodivergenti – che includono individui con autismo, ADHD, dislessia e altre condizioni – è spesso caratterizzato da un forte supporto e da una diagnosi precoce durante l’infanzia. Centri specializzati, terapie mirate e reti familiari dedicate creano un ambiente protetto in cui i bambini possono fiorire. Tuttavia, al volgere dell’età adulta, questo quadro di supporto si affievolisce, lasciando molti giovani e le loro famiglie a navigare in un territorio incerto, spesso privo di strutture adeguate e di una comprensione sufficiente delle loro esigenze complesse.
Questo passaggio dall’infanzia all’età adulta rappresenta una delle sfide più significative per la comunità neurodivergente italiana, un ponte fragile che troppe volte crolla per mancanza di conoscenza, risorse e coordinamento.
Nel nostro Paese, l’attenzione al neurosviluppo è storicamente concentrata sull’età evolutiva. I servizi di Neuropsichiatria Infantile (NPI) svolgono un ruolo fondamentale nell’identificazione precoce e nell’avvio di percorsi terapeutici. Questa enfasi è un punto di forza, ma crea un divario notevole quando il giovane raggiunge la maggiore età .
Improvvisamente, il riferimento specialistico viene meno. Molte strutture per adulti, laddove esistano, non possiedono l’esperienza o le risorse necessarie per gestire le specificità della neurodivergenza. Il passaggio dalla struttura per bambini e adolescenti e la struttura per adulti non è né previsto, né curato. Non si tratta solo di continuare una terapia, ma di affrontare nuove sfide legate all’autonomia, all’ingresso nel mondo del lavoro, alla gestione delle relazioni complesse e alla salute mentale, spesso complicata dalla co-occorrenza di ansia, depressione o PTSD legate a una vita trascorsa a “mascherare” le proprie caratteristiche.
La mancanza di conoscenza è un fattore critico. Troppi professionisti della salute mentale e dei servizi sociali per adulti non hanno una formazione specifica sulla neurodivergenza, e in particolare sulle sue manifestazioni atipiche o “mascherate”. Questo porta a diagnosi errate, percorsi terapeutici inefficaci e, in ultima analisi, a un senso di abbandono per la persona neurodivergente e la sua famiglia.
Le conseguenze di questo passaggio difficile sono molteplici e gravi:
Come professionisti della salute, abbiamo la responsabilità di agire e di porci obiettivi chiari per superare queste lacune. Il nostro impegno deve mirare a costruire un sistema più inclusivo e informato:
Il percorso verso un’Italia che supporti pienamente le persone neurodivergenti in ogni fase della vita è lungo, ma indispensabile. Come professionisti della salute, abbiamo la conoscenza e la passione per essere i catalizzatori di questo cambiamento. Adottare una lente scientifica e sociale che abbracci la neurodiversità è il primo passo per costruire un futuro in cui nessuno venga lasciato indietro e ogni individuo possa realizzare il proprio potenziale, indipendentemente dal proprio neurotipo.
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