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Vi racconto il mio percorso. CDM

Ho 26 anni, sono una studentessa lavoratrice fuori sede. Sono nata e cresciuta in una provincia del sud Italia.
Ho sentito il bisogno di iniziare un percorso di terapia nel 2020, per un senso di insoddisfazione e tristezza che ormai mi seguiva da quando mi ero iscritta all’università e riscontrato forti difficoltà nello studiare e fare esami.
Mi è stato suggerito da un tutor che mi faceva ripetizioni,vedendo difficoltà nel mantenere l’attenzione, di essere ADHD, ed è così che sono andata alla ricerca di una psicoterapeuta che poteva aiutarmi a capire il problema.
Premetto che avevo già provato la terapia, per tensioni familiari, A 13 anni giusto poche sedute e a 17 anni insieme alla mia famiglia abbiamo seguito un percorso di terapia familiare che però è stato breve, e nonostante le mie difficoltà a scuola sono sempre state presenti e alla conoscenza di tutti, non mi è mai stato menzionato l’ADHD, ma piuttosto etichettate le mie difficoltà scolastiche come “non impegno”.
Quindi a 21 anni, spinta anche dalle persone attorno a me, decido cosi di iniziare un percorso di psicoterapia, usando come strumento, internet per trovare uno specialista.
Inizio una terapia EMDR, dalla Dottoressa Garozzo, esperta anche di ADHD adulti, come pochi in Italia al periodo.
Il primo percorso è stato molto mirato, è durato circa un anno e mezzo ed è quello che mi ha effettivamente cambiato l’approccio alla vita.
A parte l’essere indirizzata per avere una diagnosi ADHD ufficiale e iniziare anche una terapia farmacologica, il percorso è stato più mirato a individuare i traumi che, gli agenti esterni e un adhd non diagnosticata avevano formato la mia persona.
Le problematiche emerse non erano solo collegate alla mia difficoltà nello studio, ma un senso di inadeguatezza e mancanza di autostima frutto di anni di neurodivergenza non diagnosticata ed etichettata come “pigrizia” o anche stupidità, oltre disagi familiari dovuti alla difficoltà di accettazione da parte della mia famiglia della mia omosessualità.
Dal percorso ho imparato che I traumi non mi hanno reso più forti, come pensavo ma mi hanno danneggiato, inacidito e spaventato.
Questo succede se e solo se i traumi non vengono ascoltati, presi per mano, coccolati e ricollocati.
Chiuso il percorso terapeutico ho cambiato approccio verso di me e verso le persone attorno a me, ho imparato a perdonare e perdonarmi, non a dimenticare ma a contestualizzare e a permettere alla parte più emotiva e senziente di me di uscire allo scoperto.
L’essere più cosciente e stabile mi ha permesso di risanare i rapporti familiari.
Avendo la diagnosi ADHD ho avuto anche la possibilità di informare un mio familiare che ha potuto anche lui ricevere la diagnosi e trovare metodi e modi per affrontare al meglio la vita, senza colpevolizzarsi o sentirsi inadeguati.
A 25 anni, a seguito di una crisi relazionale, decido di tornare in terapia per circa un anno. Non più incentrata sui traumi passati, ma concentrata sul presente.
Vivevo comunque dei dissidi interiori, una parte molto rigida di me che sopprimeva quella parte più emotiva, che con il primo percorso di teoria era affiorata e si sentiva ormai stretta.
Dal secondo percorso ho tratto che, la parte più rigida e severa di me (chiamata affettuosamente in terapia la “Signorina Rottenmeier”) serviva a proteggermi, da emozioni che avrebbero potuto ferirmi, da situazioni che mi avrebbero messo in una posizione “scomoda”
Appreso questo ho potuto capire molte cose su di me, permettendomi di essere un po’ più “centrata” e sicura di poter affrontare anche le emozioni e situazioni spiacevoli da sola senza bisogno di auto tutelarmi sempre.
La terapia non è una bacchetta magica.
Ad ora, a 26 anni, ho un lavoro che mi soddisfa ma non ho ancora terminato gli studi ma ho un atteggiamento sicuramente più rilassato nei confronti dell’Università che rimane il mio obiettivo principale.


Scopri di più da Silvia Garozzo Psicologa e Psicoterapeuta

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